martedì 11 maggio 2010

Cella 211: la rat-censione

Autore: Francisco Pérez Gandul
Titolo: Cella 211
Editore: Marsilio
Pagine: 240
Prezzo: € 17


Il giovane Juan Olivier, al suo primo incarico come secondino in un carcere di massima sicurezza, si presenta al lavoro con un giorno d’anticipo sul primo turno di guardia. Mentre visita il braccio che rinchiude i detenuti più pericolosi ha un mancamento. Nel tentativo di rianimarlo, le guardie lo distendono temporaneamente sulla brandina di una cella al momento vuota: la cella 211. Ma non hanno il tempo di aspettare che Juan si riprenda: il carismatico Malamadre, leader indiscusso dei detenuti più pericolosi, è riuscito ad assumere il controllo del braccio e a scatenare una sommossa. Alle guardie non resta che togliersi da lì al più presto e mettersi in salvo, abbandonando l’ignaro Juan al proprio destino in mezzo ai rivoltosi…


Progetto interessante questo di Francisco Pérez Gandul, al suo esordio narrativo.
Pubblicato in Spagna nel 2004, il romanzo ha riscosso grande successo in patria, guadagnandosi ben presto una fortunata trasposizione cinematografica (il film fu favorevolmente accolto dalla critica al festival di Venezia del 2009).
Non è difficile comprenderne le ragioni: Cella 211 fa della rapidità (di pensiero e di sviluppo narrativo) la sua arma migliore, una rapidità costantemente sostenuta e amplificata dal repentino alternarsi di narratori (Juan, l'infiltrato; Armando, il secondino; Malamadre, il rivoltoso), attraverso le parole, gli occhi e la mente dei quali veniamo immediatamente catapultati nel vivo della vicenda e trascinati nell'immediato precipitare degli eventi.

Gandul di destreggia con ottima padronanza dei mezzi narrativi tra i differenti punti di vista e gli opposti schemi linguistici che afferiscono ai tre protagonisti, dando prova di un'invidiabile capacità di imprimere su carta in modo vivo e autentico le loro azioni e intenzioni.
Singolare che il personaggio meno riuscito sia probabilmente quello di Juan, fulcro di tutta la vicenda: la sua immedesimazione nel ruolo di neocarcerato ribelle è fin troppo repentina e a tratti poco credibile, così come risultano un po' forzati gli espedienti che gli permettono di essere quasi immediatamente accettato dalla popolazione carceraria come figura di riferimento all'interno della rivolta.
Se Armando, (ex) collega di Juan, è figura obiettivamente secondaria negli sviluppi della vicenda, indimenticabile è invece il personaggio di Malamadre, centro di gravità assoluto, burattinaio e mattatore in grado da solo di reggere le sorti di un romanzo che, nonostante l'obiettiva (e necessaria) brevità e concisione, attraversa comunque qualche piccolo momento di stanca. Il flusso di pensieri che attraversa la mente del galeotto più temuto da tutti, compagni di prigionia e carcerieri, è rapido, incisivo e letale come una coltellata sferrata a tradimento: la sintassi franta, la struttura tipica della libera associazione di pensiero, il dialogo (interiore ed esteriore) affilato, fatto di ripetizioni e ossessioni… fidatevi, non vi dimenticherete di Malamadre tanto facilmente.

Cella 211 è tutto sommato una lettura piacevole, che evidenzia le innegabili qualità di un narratore da tenere d'occhio, ma che ne sottolinea anche alcune mancanze, su tutte un impianto narrativo di stampo fin troppo cinematografico e messo al servizio più dei personaggi che lo animano che dell'effettivo spessore (e della credibilità) della vicenda. D'altra parte, il ritmo incalzante che lo contraddistingue ne costituisce anche uno dei più evidenti punti di forza.
Assolutamente eccessivi infine i 17 euro spillati al lettore in cambio di sole 240 pagine (che, considerate le caratteristiche piuttosto "commerciali" del romanzo, possono essere tranquillamente consumate in un paio di giorni): ma ormai trattasi di triste consuetudine.


Link utili
Cella 211 su aNobii
La (breve) recensione di Internazionale

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