martedì 28 dicembre 2010

Tiriamo le somme?

Ancora 4 giorni e ci lasceremo alle spalle il 2010: come ogni blog che si rispetti anche la Tana del Ratto propone un paio di classifichine di rito!
"Qual è il miglior xxx dell'anno?" è una domanda che non mi piace: in primis perché non scelgo cosa leggere\guardare in base all'anno di uscita: preferisco pescare a casaccio. Quest'anno, per esempio, ho letto pochissimi romanzi pubblicati nel 2010.
In secondo luogo perché, in genere, i risultati di questi "sondaggi" tendono a essere sempre molto uniformi.
Preferisco metterla giù in questi termini: qual è stata la vostra miglior lettura dell'anno? Ecco, così potete anche dirmi, che so, Il cantico delle creature, e va benissimo!

Per quanto mi riguarda il 2010 è stato un anno ricco di soddisfazioni in ambito letterario, molto più avaro in quello cinematografico. Insomma, ho letto splendidi romanzi, ma ho visto pochissimi film veramente buoni.
Libri? Ecco il mio poker d'assi:
Come potete vedere, solo il romanzo di Ketchum (scritto nel 1989) è stato pubblicato in Italia nel 2010.
Il livello medio dei finalisti è spaventosamente alto e la scelta non è affatto semplice: ma visto che va fatta, mi inchino ai piedi della Scrittura e decreto Cattedrale miglior libro da me letto nel 2010.

Passiamo al cinema: qui la situazione è ancora più complicata, vuoi perché il numero di film che ho visto quest'anno è di gran lunga inferiore rispetto al 2009, vuoi perché la qualità media delle opere in cui sono incappato è decisamente bassa, aggiungete qualche delusione inaspettata... poca roba insomma, ma qualcosa di buono si riesce comunque a tirarlo fuori. Un altro bel pokerino (scommettiamo che me ne sono perso qualcuno per strada?):
Premio Shane Meadows, che mi ha regalato anche la miglior serie tv dell'anno: medaglia d'oro dunque a Dead Man's Shoes.

Ed ecco infine i buoni propositi per l'anno venturo. Come avrete capito, la costanza non è proprio il mio forte: preferisco non sbandierare promesse che poi chissà se manterrò. D'altra parte, rendere pubblico qualche piccolo obiettivo potrebbe stimolarmi ad aggiornare le pagine della Tana con più frequenza. Facciamo così: anche in questo caso metto giù un bel poker, un poker di Ratti. Ecco dunque i miei 4 buoni propositi per il 2011:
  • Innanzitutto voglio occuparmi di più di narrativa italiana. Anzi, diciamo che voglio occuparmi di narrativa italiana. Non sono mai stato un grande lettore di romanzi nostrani. La letteratura che da sempre mi affascina di più è quella americana. Ma di recente ho letto belle parole su certi esordienti di casa nostra: credo sia compito della rete dare voce a chi, schiacciato dalle logiche commerciali e di marketing, fatica ad avere spazio altrove no? Ok, magari certa scena italiana di genere fa pena, è tutta un magna magna ecc. Non mi interessa: voglio occuparmi di romanzi, il resto è fuffa.
  • In secondo luogo, vorrei leggere tutta l'opera in prosa di Carver. E non credo ci sia bisogno di giustificare questa scelta.
  • Ci sono tre scaffali vuoti nella mia biblioteca (in senso figurato eh, nella Tana non c'è più posto nemmeno per un 100pagine1000lire) che ho in programma di riempire, anche solo parzialmente: Fritz Leiber, che a non averlo letto si passa per pazzi furiosi e si ricevono minacce; David Foster Wallace, che abo mi ha fatto una testa così; e William Faulkner, spaventosa voragine di ignoranza personale.
  • last but not least, vorrei che il 2011 fosse l'anno del definitivo sorpasso del digitale sul cartaceo. Un po' perché, come scrivevo qui sopra, se continuo a comprare mallopponi da 800 pagine fra un po' mi tocca sfrattare il cane; un po' perché credo che l'eBook surclassi il cartaceo quasi su tutta la linea. 
Farò il possibile per mantenere gli impegni presi: come sempre, siete autorizzati a crocifiggermi in sala mensa se vi accorgerete che la pigrizia ha preso ancora una volta il sopravvento.


domenica 19 dicembre 2010

David Peace, 1974: la rat-censione

David Peace, 1974
Meridiano Zero
408 pagine, € 9,00
ISBN: 9788882371180


Yorkshire, 1974, inverno. L’inverno inglese, quello che rende la pioggia gelida come una lama di ghiaccio che penetra nella carne e nelle ossa. Edward Dunford, corrispondente di cronaca nera dello Yorkshire Post per l’Inghilterra del Nord, fiuta odore di scoop: nella cittadina di Morley una bambina di 7 anni scompare nel nulla, un caso che sembra avere molte analogie con altre due sparizioni avvenute negli anni passati. Altre due bambine, i cui corpi non sono mai stati ritrovati. Solo che, questa volta, il corpo di Clare Kemplay viene trovato, tra fango e detriti di un cantiere. Nudo, ricoperto di lividi, graffi e sangue, i segni di una violenza orribile, difficile da sopportare. E due ali di cigno cucite sulla schiena. Edward vuole la verità, ma la verità non sembra interessare affatto a gran parte delle persone con cui ha a che fare durante le indagini: colleghi, forze dell’ordine, politici più o meno influenti, più o meno corrotti. Una verità che, nonostante le resistenze, le minacce, le torture e gli omicidi, poco a poco viene a galla, trascinando con sé le scorie della violenza e delle menzogne che inquinano le relazioni sociali a tutti i livelli.

1974 è il terzo romanzo di David Peace in cui mi imbatto. In principio fu Tokyo Anno Zero, non proprio un esordio in discesa. Il primo capitolo della “trilogia giapponese” (di cui il Saggiatore ha di recente pubblicato la seconda puntata, disponibile anche in eBook) mi conquistò grazie alla scrittura densa, ossessiva, tesa a rendere su carta, appunto, ossessioni e alienazioni del protagonista, l’ispettore Mikami. Letta l’ultima parola posai il romanzo con la certezza che, prima o poi, avrei avuto nuovamente a che fare con lo scrittore inglese. Accadde qualche tempo dopo con Il Maledetto United, il miglior romanzo a tema sportivo che abbia mai letto. Il Brian Clough di Peace è entrato di diritto nella Hall of Fame dei miei personaggi letterari preferiti.

Primo capitolo del Red Riding Quartet, 1974 è anche il romanzo d’esordio di Peace, che gli valse sperticati elogi da parte della critica e il lusinghiero accostamento a James Ellroy: mica uno scribacchino qualunque. Ma io di Ellroy non ho mai letto nemmeno una riga e non so se l’accostamento sia azzeccato o meno. So solo che 1974 è un romanzo splendido e che merita tutta la fama che si è guadagnato.

La scrittura di Peace ha un grande pregio: ti si attacca alla pelle e non ti molla più. Leggete cinquanta pagine, e lo Yorkshire di Peace ve lo sentirete addosso: lo squallore dei sobborghi, il fango e l’asfalto, la puzza degli appartamenti in cui giovani marchettari concedono i loro servizi a vecchi bavosi con scroto e portafogli gonfi, l’umidità delle celle, i lividi lasciati dal manganello. E’ un cazzotto assestato lì dove fa più male, quando meno te lo aspetti. Anzi, magari te lo aspetti anche, ma, per quanto tu possa tirare gli addominali, l’effetto sarà sempre lo stesso: ti mozzerà il fiato.

La prosa asciutta e cadenzata ha la struttura del pensiero secco, rapido, scattante: la telecamera è sempre ben fissata sulle spalle del protagonista, i suoi occhi diventano subito i nostri. Edward Dunford, corrispondente di cronaca nera per l’Inghilterra del Nord, la cui ingenua ambizione e ossessiva ricerca della verità a ogni costo costerà la vita a più di una persona che incrocerà la sua strada. Una strada che il giovane cronista percorre senza curarsi di ciò che gli sta intorno: sbatte contro un muro dopo l’altro, si rialza, le ferite ancora sanguinanti, riparte, sbatte contro un altro muro, si guarda attorno con gli occhi tumefatti, si rialza. E così via. Il muro più alto, quello dell’omertà, è anche il più difficile da abbattere. Le macerie seppelliscono tutti coloro che cercano di ricavare una breccia nel cemento armato per intravedere ciò che si cela alle sue spalle: affari sporchi, appalti truccati, edifici costruiti sul sangue, silenzio e protezione comprati a peso d’oro, la corruzione dilagante. E la violenza sulle ragazzine come passatempo per chi può permettersi di comprare tutto. Benvenuti nello Yorkshire: qui non si salva nessuno. Qui siamo al Nord e chi comanda fa quello che gli pare.

I pregi del romanzo sono davvero tanti: stile, ambientazione, caratterizzazione dei personaggi, gestione dei tempi della narrazione. Forse Peace mette fin troppa carne al fuoco, e non c’è tempo per dare a ogni cosa il giusto peso: Edward va dritto per la sua strada, e noi con lui. Ma invece di star qui a fare le pulci ai pochissimi e trascurabili difetti, preferisco dirvi che, tra tante cose buone, c'è qualcosa di davvero ottimo: capitolo 10, da pagina 351 a pagina 368 di questa edizione. L’“interrogatorio” di Edward. 17 pagine di grande scrittura che vorrei riportare qui in forma integrale, se non fosse che mi si slogherebbero le dita e che vi rovinerei la sorpresa. E io non voglio rovinarvi la sorpresa: voglio che vi infiliate sciarpa e cappotto e che andiate in libreria a farvi un regalo. Dopotutto è pur sempre Natale no?



L'incipit
- Non capita mai niente, cazzo, se non quel cazzo di Lucky Luncan e un paio di cornacchie senza le ali, maledizione, - fece Gilman sorridendo come se fosse il giorno più bello della nostra vita.
Venerdì 13 dicembre 1974.
In attesa del mio primo articolo di prima pagina, con la firma e tutto, finalmente: Edward Dunford, Corrispondente di Cronaca Nera per l'Inghilterra del Nord; due giorni troppo tardi, cazzo.
Guardai l'orologio di mio padre.
Erano le nove del mattino e nemmeno uno di noi poveri stronzi era stato a letto; eravamo passati direttamente dal Circolo della Stampa a quell'inferno, con ancora addosso il puzzo di birra.
Nella sala conferenze della stazione di polizia di Millgarth, a Leeds.

lunedì 13 dicembre 2010

A New York...

Lady Liberty al tramonto: com'è romantico il Ratto!
circolano più taxi che auto private;
ci sono davvero le cisterne d’acqua sui tetti dei palazzi;
ci sono davvero le case in mattoni rossi con le scale antincendio in ferro;
la cipolla è ovunque;
il wifi è ovunque;
il vento è gelido, costante e stacca le orecchie;
gli scoiattoli infestano Central Park;
gli italiani infestano Manhattan;
il 99% dei mestieri “umili” o “di fatica” è svolto da afroamericani, ispanici o asiatici;
il 99% dei posti di potere è occupato dai bianchi;
un paio di Levi’s 501 costa 50 dollari (circa 37 euro) a prezzo pieno;
un caffè “espresso” da Starbucks costa circa 2 dollari;
un iPad costa 499 dollari, non 499 euro;
Ground Zero è un gigantesco cantiere aperto e sì, lo ammetto, mi ha impressionato meno di quanto mi aspettassi;
si può attraversare il ponte di Brooklyn a piedi e sì, lo ammetto, mi ha emozionato molto più di quanto mi aspettassi;
ho comprato una palla di Natale a forma di
Harley Davidson Cross Bones;
le librerie sono enormi (pare che
Strand contenga 18 miglia di libri, qualunque cosa significhi), ma in nemmeno una ho trovato un romanzo di Jack Ketchum o di Brian Keene;
se Little Italy e Chinatown sono confinanti c’è un motivo;

prima di entare nel tunnel di Manhattan, venendo dal Queens, c’è uno sterminato cimitero a cielo aperto: le lapidi occuperanno tutto il vostro campo visivo;
ho visto tutta la terza stagione di Sons of Anarchy;


... to be continued




Visto che insistete tanto, torna a grande richiesta la vostra rubrichetta preferita! :-)
Dov'eravamo rimasti? Ah sì, ecco. A New York...

All Stars... and Stripes
ho visto un tizio vestito da Ghostbuster con una radio che suonava la musichetta di Ghostbusters davanti alla New York Public Library: sì, quella dove hanno girato l'inizio di Ghostbusters;
i jingle natalizi ti perseguitano anche in ascensore;
ho assistito a un'intera messa in una chiesa episcopale metodista di Harlem, gospel e improperi del predicatore pazzo inclusi;
ho visto una Stars and Stripes fatta di Converse All Star;
i famigerati baracchini di hot dog sono più o meno a ogni angolo di strada;
Che Manhattan sia costruita su un vulcano?
ho mangiato pancakes all'International House of Pancake: sono stomachevoli;
ci sono davvero le ciminiere bianche e rosse da cui esce il fumo;
sono stato al famigerato melacubo Apple, e non è niente di che;
ho letto la prima parte del Mangianomi: fiaba dall'impianto molto classico, ma De Feo ci sa fare;
gli schoolbus sono gialli, proprio come nei film;
sono salito in cima al Rockefeller Center e non sono riuscito a vedere la fine della città;
c'è la biblioteca pubblica più figa del mondo: sì, quella dove hanno girato l'inizio di Ghostbusters;
ho trovato una copia di White Noise di De Lillo a 76 cents;

... to be continued again?

giovedì 2 dicembre 2010

Re Ratto sbarca in America


Ebbene sì: dopo Pechino e Tokyo, è finalmente giunto il momento di sorvolare l'altro oceano alla conquista di New York City!
8 milioni di abitanti (quasi 20 se ci allarghiamo all'area urbana) distribuiti su 1.214 chilometri quadrati: una città leggendaria, la quintessenza della metropoli americana. E pensare che fino a poco tempo fa non mi attraeva per niente.
Re Ratto, Abo e rispettive consorti: nello zaino il fido iPad saturo di film, serie tv, libri e trastulli vari. Magari ci scappano pure un articolo e qualche foto sulla Tana.
Goodbye fellas!

mercoledì 1 dicembre 2010

Era una notte buia e tempestosa


Ci pensavo da un po' e questo post di Sartoris mi ha stuzzicato ulteriormente. Non è un granché come cambiamento e forse non merita un post di spiegazioni: che vi interessi o no, d'ora in poi le rat-censioni saranno corredate dall'incipit del romanzo cui si riferiscono. Il primo periodo, magari anche il primo paragrafo completo: deciderò caso per caso. Credo che lo allegherò in coda al post.

Perché gli incipit mi affascinano e spesso dicono molto su ciò che aspetta l'incauto lettore: possono prenderlo per mano e condurlo docilmente verso luoghi inesplorati e meravigliosi, o scaraventarlo senza preavviso nel vivo dell'azione, possono spaventarlo, affascinarlo, inorridirlo.

L'incipit è importante, batte il primo colpo, scandisce il ritmo; ci mostra quali occhi prenderemo a prestito per vedere, ci svela narratore e punto di vista.

Eccone due ai quali sono particolarmente affezionato:
The Man in Black fled across the desert and the Gunslinger followed.
The sky above the port was the color of the television, tuned to a dead channel. 
Perfetti.

domenica 28 novembre 2010

This is England '86: la rat-censione

Sono passati tre anni dagli avvenimenti narrati in This is England: Shaun, prese le distanze da Combo e dal movimento neonazista nel quale si era trovato invischiato, si è allontanato anche dal gruppo storico, in procinto di festeggiare le nozze di Woody e Lol. La non-celebrazione del matrimonio, dovuta all’improvviso attacco di panico di Woody e a quello cardiaco di Meggy, è il punto di partenza di questo sequel/spinoff del film di Meadows, che conduce nuovamente lo spettatore nei sobborghi urbani delle Midlands, in una quotidianità fatta di disoccupazione, sottoculture giovanili, amori clandestini e violenze domestiche.

Se in This is England l'obiettivo del regista era focalizzato sulla figura di Shaun, la miniserie di quattro episodi permette a Meadows di rielaborare una notevole mole di materiale aggiuntivo in suo possesso, di allargare l'inquadratura sulle dinamiche di gruppo e di ampliare i confini del suo microcosmo. I personaggi che lo popolando acquistano così ulteriore profondità, il loro background viene arricchito e la messa a fuoco sul presente perfezionata.

Grazie alle qualità di un cast di gran lunga al di sopra della media e una recitazione fresca e spontanea, che sfrutta la tecnica dell'ad-lib (ad libitum, ovvero la possibilità per l'attore di improvvisare il dialogo sul canovaccio prefissato: si veda per esempio il confronto tra Lol e il padre nel quarto episodio della serie) per aumentare il coinvolgimento emotivo dello spettatore, i personaggi di Meadows risultano vivi, tridimensionali, veri. La squallida realtà con la quale devono fare i conti ogni mattina ha forse smussato gli angoli più affilati del loro impeto giovanile, ma non ne ha castrato i sogni e le speranze, né ha scalfito il senso più autentico di quello spirito ribelle che ne agita ancora gli animi. "Io sono ancora skinhead dentro", sbatte in faccia Lol a Woody, colpevole di somigliare sempre di più a un padre che è sempre stato modello di omologazione sociale e sconfitta agli occhi del figlio.

Entriamo nei loro modesti appartamenti di periferia e ne sentiamo l'odore stantio, odore di umidità e cibo in scatola, vediamo le crepe nei muri, le pareti spoglie, gli oggetti ammassati sul pavimento. Indugiamo insieme alla macchina da presa sul desolante squallore degli esterni, la monotonia/monocromia del paesaggio, la silenziosa immobilità che, entro le pareti di grigi parallelepipedi di cemento, nasconde storie di violenza, emarginazione, sconfitta sociale e personale. E allora scendiamo di corsa le scale dei condomini cadenti e seguiamo i protagonisti nelle gioiose scorribande notturne, nelle partite di calcio improvvisate, al pub per assistere all’eliminazione della nazionale inglese a opera della Mano di Dio, ne condividiamo sogni, desideri e frustrazioni. È questo, credo, il pregio più evidente del cinema di Meadows: è sincero, autentico, mai superficiale o scontato.

Divertente e a tratti spensierata nei primi due episodi, la serie cambia marcia e dà il meglio di sé nella seconda parte, quando è lo stesso Meadows a imbracciare la macchina da presa e ad aumentare esponenzialmente la potenza drammatica e disturbante di immagini, sequenze e situazioni. L'inquadratura stringe progressivamente sulla figura di Lol (una splendida Vicky McClure), sempre più personaggio centrale del gruppo, su un futuro accanto a Woody che potrebbe essere, ma anche no, e su un passato che torna riscuotere ciò che gli spetta con tutti gli interessi a tasso di usura accumulati negli anni. Spetterà a Combo, tornato in città per recarsi al capezzale della madre in fin di vita, chiudere il cerchio intorno a Lol espiando le colpe passate.

Continua dunque su queste pagine il mio impegno nello sponsorizzare il cinema di Shane Meadows, del quale sto pian piano recuperando i pezzi sparsi (next stop: Somers Town). Non posso far altro che consigliare a tutti la visione innanzitutto del film, non necessario ai fini della comprensione degli eventi narrati nella miniserie, ma sicuramente utile per fornirgli un background solido. Fatto ciò, guardatevi in rapida successione i quattro episodi che compongono This is England '86. Poi magari tornate da queste parti che ci facciamo 4 chiacchiere.

martedì 23 novembre 2010

Forse non tutti sanno che...


...all'interno di Wikipedia esiste un'opzione/applicazione chiamata Create a book che, come si evince dal nome, permette di creare una specie di libro a fascicoli partendo dalle pagine di Wikipedia stessa.

L'opzione, a me fino a oggi sconosciuta, è presente all'interno del menu Print/export, situato sulla sinistra della pagina in consultazione: cliccando su Create a book è possibile impostare e gestire la nostra nuova "dispensa digitale", che potrà essere arricchita di un numero infinito di pagine. Pagine che potremo poi rinominare, riposizionare e organizzare in capitoli.

Una volta soddisfatti della nostra operazione, potremo infine esportare il tutto in pdf o in odt (OpenDocument Text), formato ideale per un'eventuale conversione in ePub: basterà aprire il file con OpenOffice e, grazie a questa spettacolare estensione, convertire con un semplice click.

Et voillà, l'ebook è pronto per finire nei nostri reader ed essere consultato in un secondo momento.

mercoledì 17 novembre 2010

Cannibali, satanassi & Co.


Ricordate We Are What We Are (Somos lo que hay in lingua originale), cannibal movie messicano di cui parlai brevemente tempo fa in questo post?
Avevo promesso che l'avrei tenuto d'occhio, e così è stato.
Il film di Jorge Michel Grau si appresta a debuttare nelle sale inglesi e, a quanto pare, ha incontrato i favori della critica. Vi ripropongo dunque il trailer ufficiale, dateci un'occhiata.
Da parte mia, stasera mi sento stranamente mondano: esco dalla Tana per andare a vedere Devil con Elvezio e altri loschi figuri. E che Satana ce la mandi buona.

lunedì 15 novembre 2010

Where in the world is the Rat?



Ormai dovreste aver imparato a conoscermi, alterno periodi di regolare aggiornamento del blog ad altri di completa latitanza. Funziona così, senza regole precise: ci sono ore, giorni, anche settimane in cui non ho proprio voglia. Ma dopotutto questa è la mia Tana e qui "faccio un po' come cazzo mi pare".

Questo non significa che non abbia continuato a rosicchiare: ho letto un paio di ottimi libri, uno dei quali, Cattedrale di Carver, è entrato a far parte della ristrettissima èlite di Venerabili della mia libreria. Posso dirlo? Ok, lo dico: Cattedrale è un capolavoro, e shame on you se non l'avete mai letto. Io lo sto facendo per la seconda volta, assaporando con calma ogni singolo racconto.
Ho intenzione di dedicargli un articolo bello succulento, ma stavolta lo faccio sul serio eh.

Poi c'è 1974 di David Peace, primo capitolo del Red Riding Quartet, e anche qui è tanta, ma tanta roba: che dire, ultimamente ho scelto bene. Completerò sicuramente il Quartetto, ma non subito, ho bisogno di tirare il fiato. Chi ha avuto la fortuna di leggerlo sa bene di cosa sto parlando.

Ho visto le prime due puntate di The Walking Dead: molto buona la prima, meno ispirata la seconda. Tutto sommato è un prodotto al di sopra della media: ho intenzione di spararmi tutta la prima serie, poi si vedrà.

Nel weekend sono incappato poi in uno strano film del 1998 di Takashi Miike: The Bird People in China è il suo nome, e devo ringraziare Simone Corà per l'ottimo consiglio, che rilancio anche a voi, miei 25 affezionatissimi lettori.

Che altro? Il Neuromante è sempre lì in agguato alle mie spalle, e prima o poi dovrò pur decidermi a dedicargli qualche riga di recensione. O forse no, e rimarrà per sempre il Godot della Tana. Nel frattempo leggo disordinatamente, passando da una raccolta di racconti (A volte ritornano di King) a un'altra (Ritratti al chiaro di luna di Jacobi), ma è sempre Carver a calamitare la mia attenzione. Mi toccherà chiedere il Meridiano a Babbo Natale.

lunedì 25 ottobre 2010

A volte ritornano


Segnalo con grande piacere che, con soli 4 anni di ritardo rispetto all'uscita nelle sale inglesi, qualcuno (Officine blu) si è preso la briga di distribuire This is England (di cui parlai molto brevemente qui) anche in Italia, a partire da dicembre.
Spero possa essere una buona occasione per far conoscere il cinema di Shane Meadows a chi non ha mai avuto la fortuna di imbattersi in uno dei suoi film (per chi fosse interessato, di recente ho recensito anche l'ottimo Dead Man's Shoes).

giovedì 21 ottobre 2010

New adventures in ebook*

Avevo in programma di scrivere un post di aggiornamento sulla situazione ebook in Italia ma, visti gli ultimi sviluppi della vicenda, non credo ne valga la pena.
La discesa in campo di Mondadori e del consorzio eDigita non ha fatto altro che confermare in pieno tutti i nostri timori: l'accoppiata DRM + prezzi alle stelle è ormai una triste realtà e noi non possiamo far altro che constatare come la politica adottata dai Grandi Antichi dell'Editoria sia, com'era facile prevedere, votata alla difesa a oltranza del cartaceo ai danni del digitale, percepito più come un fastidio necessario che come reale opportunità di ampliamento del mercato.
Ci dicono che il DRM è necessario per salvaguardare il diritto d'autore: peccato che sia lesivo di quelli dei lettori. Sì, proprio di quelli che vi pagano gli stipendi. Come la mettiamo?
Per chi volesse addentrarsi nei dettagli, segnalo questo articolo del Duca, sempre preciso, puntuale e abbondante nelle sue analisi: personalmente non ho nient'altro da aggiungere.

Quello che invece vorrei segnalare sono un'anomalia e una novità.

L'anomalia è rappresentata da Marsilio che, nonostante si sia anch'essa piegata alla ridicola e masochistica pratica del DRM, ha debuttato nel mercato digitale proponendo ebook al prezzo fisso di €4,99. Strategia di marketing a breve termine (ma in tal caso forse sarebbe il caso di pubblicizzarla come dio comanda: sul sito Marsilio gli eBook nemmeno compaiono) o reale intenzione di mantenere i prezzi entro limiti accettabili? Ai posteri l'ardua sentenza, nel frattempo è possibile accaparrarsi buoni titoli a prezzi interessanti (per esempio Lasciami entrare di Lindqvist), e di questi tempi è cosa buona e giusta. Si dirà “eh, ma la trilogia di Millennium è uscita fin in edicola, facile metterla a meno di 5 euro per guadagnarsi l'etichetta di Editore Lungimirante”. Vero. Ma, giusto per citarne uno, La principessa di ghiaccio di Camilla Lackberg in tascabile non ci è ancora andato. E costa €18,50.

Passiamo alla seconda segnalazione: Bookliners è un social network incentrato sulla lettura che sta facendo parlare di sé in queste ultime settimane. Non so se il loro esperimento di shared reading experience, così come lo definiscono loro stessi, sia destinato a ripetere i fasti di un aNobii, ma è indubbiamente un'idea interessante sviluppata con cognizione di causa. E a me piacciono le iniziative imprenditoriali dal basso sviluppate con cognizione di causa.

Di che si tratta? In soldoni, su Bookliners è possibile acquistare una versione digitale dei romanzi a disposizione (per ora non molti, a dirla tutta, ma si spera in un rapido ampliamento del catalogo) a prezzi contenuti, intorno ai 2 euro e 50. Questi “booklin” sono consultabili esclusivamente online, e dunque non trasferibili su eReaders, smartphones et similia. Una specie di pdf sfogliabile insomma. La particolarità del booklin è il suo essere interattivo a livello di testo: è possibile infatti sottolineare e commentare singole porzioni di testo, aggiungere note, e, da parte di autori e editori, contenuti extra (non solo testuali, ma anche audiovideo). Tutti contenuti che saranno poi condivisi tra coloro che hanno acquistato il libro in questione. Una possibilità, quella delle "note condivise", che permette di aprire nuovi scenari nel giovane universo del libro digitale.

Personalmente non amo i social network (non ho nemmeno un profilo su facebook: dopotutto, sono o non sono un ratto?) e considero la lettura un'attività piuttosto privata: 2+2 = Bookliners non fa per me. Ciò non toglie che il progetto abbia del potenziale e che sia come minimo meritevole di una segnalazione su queste pagine, per quanto possa servire.

Bene, e anche questa è andata. Ci risentiamo presto per parlare di The Prestige, di Cattedrale e, un giorno o l'altro, del Neuromante, se mai troverò il coraggio di scriverne qualcosa.

Buona serata rattacci, e mi raccomando, non fate i bravi, che è noioso.



*Sorry Antò, ti pago i diritti d'autore!

domenica 17 ottobre 2010

Hey tu porco levale le mani di dosso!


Era il 18 ottobre 1985 quando debuttò nelle sale italiane Ritorno al futuro, primo capitolo della trilogia che tutti noi ggiovani cresciuti negli anni 80 porteremo per sempre nel cuore.
Sono passati 25 anni e, per festeggiare degnamente la ricorrenza, a partire dal 27 ottobre i tre film culto di Robert Zemekis saranno disponibili in versione HD interamente rimasterizzata.
I cofanetti in vendita saranno due: un'edizione blu-ray standard e la Deluxe De Lorean Edition, che conterrà, oltre ai 3 dischi, un booklet di 24 pagine e un modellino della De Lorean!
Ma non è finita qui: il 27 ottobre, per un solo giorno, alcuni cinema italiani proietteranno infatti il primo capitolo della trilogia in digitale.
Tanti auguri a Marty, Doc, Biff e a tutti gli altri indimenticabili personaggi della miglior fantacommedia di sempre!

mercoledì 13 ottobre 2010

L'uomo che cadde sulla Terra: la rat-censione

Autore: Walter Tevis
Titolo: L'uomo che cadde sulla Terra
231 pagine, € 11
Edizione originale: 1963
Edizione italiana: minimum fax, 2006

È mattina presto quando, dopo tre chilometri di cammino, Thomas Jerome Newton giunge nella piccola cittadina di Haneyville, Kentucky, e si reca in un negozio per vendere un anello a un prezzo di molto inferiore al suo valore. Non ha importanza, perché di anelli così ne ha portati a centinaia dal luogo da cui proviene. Dal pianeta sul quale è nato. Sì, perché Thomas Jerome Newton, un metro e novanta per quarantacinque chili, capelli albini, tratti delicati, quasi femminei, quattro dita per piede ma niente denti del giudizio, non è un essere umano. Nato sul pianeta Anthea, la cui popolazione è stata ridotta a poche centinaia di unità dalle armi nucleari utilizzate in numerose guerre, è giunto sulla Terra con un unico scopo: raccogliere più denaro possibile grazie alle superiori conoscenze tecnologiche della sua razza e costruire una navicella in grado di trasportare gli antheani sopravvissuti sul nostro pianeta. Per salvare le loro vite e quelle degli esseri umani, sempre più prossimi a ripeterne gli errori, sempre più vicini all'estinzione.

L'uomo che cadde sulla Terra non è un romanzo particolarmente originale. Non verrà ricordato per le ardite sperimentazioni linguistiche o lessicali, e nemmeno per gli insospettabili colpi di scena. La trama è semplice e gli sviluppi lineari, non certo degni di un film di Christopher Nolan. Tuttavia quella che ci racconta Walter Tevis è una storia che valeva la pena di essere raccontata, e che merita di essere letta. È la storia di Thomas Jerome Newton, un essere umano, ma non esattamente un uomo: sottoposto a un durissimo addestramento fisico e psicologico in vista della sua missione, Thomas scopre di essere a malapena in grado di sopportare la forza di gravità terrestre, di gran lunga superiore rispetto a quella presente sul suo pianeta natale. Per il suo fisico oltremodo esile ogni passo è terribilmente faticoso, ogni sobbalzo è fonte di dolore acuto, e un ascensore troppo brusco potrebbe causare una frattura delle sue fragili ossa.

Thomas ha imparato la lingua inglese e i fondamenti base della nostra società e cultura grazie alle trasmissioni televisive captate su Anthea, ma nulla lo poteva realmente preparare al contatto umano: gli esseri umani, le loro abitudini, i loro vizi sono al tempio stesso fonte di grande curiosità e di timida diffidenza. Il divario intellettuale e culturale che lo separa da questi strani esseri è enorme, e ciononostante Thomas inizia timidamente ad apprezzarne la compagnia: in particolare quella di Betty Jo, giovane donna con problemi di alcol che si prende cura di lui dopo un grave incidente che lo costringe a letto. È grazie a lei che Newton impara sugli essere umani una quanità di cose su alcuni aspetti della società americana che la televisione non gli aveva rivelato. Ed è grazie a lei che inizia ad apprezzare l'alcol, l'unica via per manifestare i sentimenti inibiti alla sua specie. Per schiudere, cioè, la corazza di solitudine emotiva in cui si è rinchiuso, e che nemmeno l'amore unilaterale di Betty Jo, l'infantile ragazza del Kentucky in cui si imbatte, riesce a violare.

Uno dei temi dominanti del romanzo è sicuramente quello del denaro: il denaro che Newton, grazie ai brevetti di straordinarie invenzioni portati con sé da Anthea, accumula a una velocità impressionante, il denaro che è l'arma più efficace tra gli umani, unico mezzo di cui Newotn, non incline al contatto diretto, dispone per allestire strutture economiche capaci di convincere. Il denaro alla base di tutti i rapporti umani che Newton tenta faticosamente di imbastire: con l'avvocato Farnsworth, che lo aiuterà a fondare la società World Enterprises; con la stessa Betty Jo, stipendiata per occuparsi di lui durante la convalescenza prima, per diventare la sua governante poi; e con i collaboratori/dipendenti che lo aiuteranno a costruire l'astronave che, nei suoi piani, dovrà trasportare gli ultimi Antheani sulla Terra. Tra loro Nathan Bryce, il primo a scoprire la vera natura di Newton, forse l'unico col quale l'alieno riuscirà ad instaurare un rapporto di “amicizia”.

E poi c'è la missione, lo scopo del suo viaggio intergalattico: ma Newton si renderà ben presto conto che non può esserci salvezza per il suo popolo sulla Terra, tra gli umani, formiche lucenti, indaffarate, stupide. Una razza irrimediabilmente corrotta e votata all'autodistruzione. Una razza che, come è facile immaginare, lo tradirà, condannando lui all'esilio eterno, gli Antheani e se stessa all'estinzione: Questo mondo è destinato alla distruzione, come Sodoma, e io non posso farci niente.

L'uomo che cadde sulla Terra è una storia amara, a tratti disperata, metafora politica unita a metafora di una condizione esistenziale. Walter Tevis ce la racconta con uno stile semplice, privo di fronzoli, che non si concede mai al virtuosismo fine a se stesso: una scrittura lieve come i passi di Thomas Jerome Newton, e altrettanto fragile e carica di un pesante fardello.


Note e curiosità
  • Il romanzo fu originariamente pubblicato sul numero 694 di Urania (11 aprile 1976). 
  • Le parti in corsivo sono citazioni dal testo di Walter Tevis e dall'introduzione di Valerio Evangelisti.
  • Dal romanzo di Walter Tevis è stato tratto l'omonimo film Di Nicolas Roeg (1976): Thomas Jerome Newton è interpretato da David Bowie. Di seguito il trailer originale.



martedì 12 ottobre 2010

Andiamo a vedere Buried?


Come anticipato sulle pagine di Malpertuis, devo farmi perdonare il pacco tirato a Elvezio e altri loschi figuri settimana scorsa in occasione della proiezione di La Horde.
Propongo dunque di radunare un gruppetto di ratti milanesi e di seppellirci per 90 minuti  insieme a Ryan Reynolds sotto il deserto iracheno.
Come date propongo lunedì 18 o giovedì 21: generalmente preferisco il primo spettacolo serale, così da poter eventualmente bere una birretta insieme dopo il film senza fare troppo tardi.
Aggiornerò il post non appena si saprà in quali sale verrà proiettato il film e gli orari degli spettacoli.
Che ne dite?

Per chi volesse saperne di più sul film di Cortés, ecco qualche link utile:
il sito ufficiale
la pagina su imdb
Buried su Wikipedia

venerdì 8 ottobre 2010

Coming Soon

Sono stati giorni un po' concitati, ma non ho dimenticato gli impegni presi coi miei 22 24 affezionatissimi follower!
Come era ovvio che fosse, da quando ho aumentato la frequenza degli aggiornamenti (e approfondito alcuni temi) nuovi Ratti hanno iniziato a fare capolino nella Tana, tutto a vantaggio del mio ego bisognoso di rassicurazioni :-)
Ma siccome mi conosco e so quanto riesco a essere pigro e discontinuo, metto per iscritto un elenco dei post che bollono in pentola, così che, nel caso non mantenessi gli impegni presi, possiate fustigarmi pubblicamente.
Un po' come Silvio e il suo contratto con gli italiani.
Dunque, prossimamente si parlerà di:
Neuromante
The Prestige
Mondadori, Biblet & affini
Inception (forse: troppi ne stanno già parlando)
L'uomo che cadde sulla terra

And that's all folks, buon weekend a tutti.

martedì 5 ottobre 2010

Lesson Learned: il video

E' Lesson Learned il quarto singolo tratto da Black Gives Way to Blue, primo album degli Alice in Chains post Layne Staley.
Diretto da Paul Matthaeus, ovvero il padre delle sigle di Dexter, True Blood e Six Feet Under, il video, interamente in stop motion, è composto da oltre 6.000 immagini statiche.
Enjoy.

lunedì 4 ottobre 2010

Ipse dixit

«Per un anno tutti i libri siano pubblicati senza il nome dell’autore (e senza quello dell’editore, senza fascette ecc*), di modo che critici e lettori si confrontino davvero con i contenuti e non con le mode.»
Michel Foucault

*Nota del Ratto

domenica 3 ottobre 2010

Marketing alla riscossa!



Come sapete mi occupo di marketing editoriale: inevitabile che, quando entro in libreria, il mio sguardo saetti qua e là tra gli scaffali alla ricerca di qualche spunto per il mio lavoro. Dal momento che, generalmente, in libreria vesto i panni del lettore, della vittima dell'altro me, ne farei volentieri a meno, ma è un riflesso condizionato, non posso farci nulla.

Tra gli strumenti di noi marketingari che, come lettore, ho sempre odiato più di tutti ci sono le fascette. Quelle orribili strisce di cartoncino flessibile giallo che soffrono di ipetrofia esponenziale (ormai non ne esiste una che sia alta meno di dieci centimetri) e che di solito riportano orrende frasi di stampa estrapolate da chissà quale recensione/marchetta o le più classiche leccate di chiappe del compagno di merende di turno (sospetto che alcuni scrittori lo facciano come secondo mestiere, tipo che la mattina scrivono romanzi, il pomeriggio fascette). O, ancora, sulla rassicurazione dovuta al successo condiviso: UN MILIARDO DI COPIE VENDUTE, VENTI EDIZIONI IN TRENTA SECONDI! Roba da starci ad almeno 10 metri di distanza.

Stamattina mi sono recato in una delle tante librerie Feltrinelli di Milano. Per la cronaca, ho acquistato Cattedrale di Raymond Carver e L'uomo che cadde sulla terra di Walter S. Tevis, entrambi in edizione tascabile. Il primo nella nuova edizione BEAT (quella Minimum Fax è ormai introvabile) riporta in copertina una frase di Rushdie (“Leggetelo. Leggete ogni cosa che Carver ha scritto”), e va bene, ci può stare. Il secondo, meglio ancora, nulla (ma copertina e veste grafica sono davvero orrende).

So far, so good: avrete capito che il motivo di questo post è altro. Difatti, mentre mi aggiravo tra gli scaffali alla ricerca dell'irreperibile 1974 di David Peace (Caro Signor Meridiano Zero, mi piacerebbe tanto iniziare la lettura del Red Riding Quartet da principio, lo ristampiamo per favore? Altrimenti, glie lo dico subito, me lo scarico da Gigapedia in lingua originale) mi è cascato l'occhio sulla nuova edizione Oscar Mondadori di Orgoglio e pregiudizio. Sulla copertina, in bella vista, campeggiava un bollo rosso con il seguente slogan:
I LIBRI PREFERITI DI BELLA E EDWARD (gli altri due, a quanto pare, sono Romeo e Giulietta e Cime tempestose).
Confesso di averci messo qualche secondo a realizzare chi sono Bella e Edward. Siamo passati al livello superiore: spacciare letteratura al chilo facendo leva sui consigli di lettura di personaggi immaginari. Anzi: sulle pulsioni erotico-romanticheggianti di due vampiri sessualmente repressi.
Sono rimasto indietro, urge un corso di aggiornamento professionale.

Smaltito l'attacco di vertigini, mi dirigo verso la cassa quando, senza alcun preavviso, il mio sguardo viene repentinamente stuprato da una di loro, le odiatissime Fascette Gialle. Il libro in questione è uno qualsiasi dei tanti polpettoni seriali Garzanti per pruriginose sciùre troppo snob per sporcarsi le mani con un Harmony qualunque, che Garzanti è pur sempre Garzanti! L'orrenda striscia gialla è talmente intasata di testo da risultare praticamente illeggibile. In cima, uno degli slogan più ridicoli dell'anno:

UNO STRAORDINARIO CASO EDITORIALE, UN VERO SUCCESSO SPONTANEO DOVE A COMANDARE SONO I LETTORI.
Ma davvero? E allora ditemi, se è così tanto spontaneo, a cosa serve questa fascetta? Lo capite che questa frase non ha alcun senso?

Sotto a tale capolavoro di strategia pubblicitaria, non poteva certo mancare l'Autorevole Parere del D'Orrico di turno. E infatti scopriamo subito che quello che teniamo tra le mani è “un romanzo ricco di emozioni e splendide ricette” e che “se fosse una torta, sarebbe una apple pie delicata e dolce fuori, scottante e speziata al suo interno.” Pergiove, chi sarà mai questo giovane e rampante critico letterario capace di tali accostamenti letterario-culinari (aka "culetterari")?
Benedetta Parodi (Cotto... e mangiato!).
Mica Salman Rushdie eh.

giovedì 30 settembre 2010

Il Gigante è (quasi) tra noi

18 ottobre 2010: questa la data inaugurale di eDigita, la piattaforma digitale nata dal consorzio Messaggerie italiane/RCS/Feltrinelli e dedicata alla distribuzione degli eBook.
Per chi fosse digiuno di concentrazioni editoriali, qui è possibile consultare l'elenco dei marchi distribuiti.
Per quanto riguarda i titoli inizialmente disponibili in catalogo, il "rinnovato" sito ci informa che saranno 1500 (2000 entro Natale), distribuiti tra "100 autori di bestseller".
Chi sperava dunque in un'occasione per accaparrarsi titoli di catalogo a prezzi vantaggiosi resterà dunque deluso: si parte coi soliti noti, da Sepulveda alla Fallaci, da Moccia a Carofiglio.

Come potete vedere, il comunicato stampa è piuttosto scarno e vago, e non contiene alcun riferimento ai prezzi che verranno applicati agli eBook: l'unica cosa certa è che, come nel caso del prossimo store di Bol/Mondadori (di cui non si sa ancora nulla riguardo alla partenza ufficiale), i file saranno protetti da DRM, presumibilmente bollati Adobe, con tutte le limitazioni del caso.

Si profila dunque all'orizzonte una politica molto conservativa riguardo al mercato digitale: come già accennato più volte in precedenza, per i grandi editori l'eBook è una sorta di fastidio necessario da tenere a bada il più possibile, in modo da erodere la minor quota possibile di mercato "analogico". Non c'è alcun dubbio che la combinazione prezzi alti + DRM sia la strada giusta per il raggiungimento di tale obiettivo.
Benvenuti nell'editoria digitale italiana!

martedì 21 settembre 2010

Pensierini

Due microriflessioni prima di spegnere il Mac:

1 - Ho quasi terminato la lettura del Neuromante, una vecchia scommessa.
Non so perché, ma di questi tempi leggo a ritmi molto blandi, e la cosa mi fa incazzare parecchio. Ora che sono lì mi chiedo: ok, ci siamo quasi, ma cosa diavolo posso scrivere su un romanzo del genere?
D'altra parte non sono nemmeno d'accordo con chi sostiene che non ha senso recensire un romanzo su cui si sia già detto tutto: non si è mai già detto tutto.
Boh, qualcosa mi verrà in mente. Per ora mi sento solo di dire che ha uno degli incipit più perfetti che abbia mai letto.

2 - Hanno arrestato Byron Moreno all'aeroporto JFK di New York.
Avete capito bene: QUEL Byron Moreno.
Gli han trovato 6 chili di eroina addosso.
Cartellino rosso per te, stronzo.

Ora torno dentro Villa Straylight, buonanotte a tutti voi rattacci.

giovedì 16 settembre 2010

Il referendum del Ratto

Dopo l'ultima sparata del nostro affezionatissimo Silvio (grazie di esistere!), che si è dichiarato d'accordo col presidente Sarkozy in merito all'espulsione dei rom dal suolo francese, non poteva certo mancare l'attesissimo intervento del buon senatùr, secondo il quale «Sarkozy sta facendo bene sulle espulsioni» perché «la maggior parte dei furti li fanno i Rom».

Questo non è esatto.

Secondo alcune stime, infatti, «sarebbero due o tre mila i rom dediti ai furti e agli scippi sugli oltre 150.000 residenti in Italia.» Circa uno su cinquanta dunque. Vogliamo esagerare? Ma sì, facciamo pure uno su 10. Il 10% dei rom ruba. Così, un po' ad cazzum, come piace ai sondaggisti del Pdl.

Ora, secondo un'indagine svolta da Contribuenti.it i veri ladroni d'Italia non sono i rom, bensì gli impresari di pompe funebri.

«L’Italia è il Paese europeo con la più alta evasione fiscale, con il 50,5% del reddito imponibile che non viene dichiarato, e il record tocca alle pompe funebri dove, a stare alle dichiarazioni dei redditi, due morti su tre si tumulano da soli

Insomma, in Italia «due decessi su tre registrati all’anagrafe sono sconosciuti dal fisco».

Certo dell'appoggio dei secessionisti di casa nostra, Il Re Ratto propone dunque un referendum per espellere gli impresari di pompe funebri dall'Italia.

giovedì 9 settembre 2010

Fessi nei pressi!

Il pezzo di Davide Mana sulla fantascienza a buon mercato è stato un tuffo nel passato per chi, come il sottoscritto, da ragazzino sguazzava nel sottobosco di produzioni cinematografiche fanta-adolescenziali: film come The Last Starfighter, Explorers e Navigator erano i Signori della videoteca, gli Dei del videoregistratore, i Mille cuccioli del mio Shub-Niggurath catodico.
Mentre guardavo il trailer di The Last Starfighter mi sono chiesto quali fossero i “miei” film, quelli che non mi stancavo mai di vedere e rivedere, quelli che mi facevano venire i crampi dalle risate e quelli che mi sono costati settimane di notti insonni.
Ma forse sono solo vittima dal morbo classificatorio/complusivo di Rob Gordon (John Cusak) in Alta Fedeltà.
Quale che sia il motivo di questo post, ecco i 10 film che, per un motivo o per l'altro, occuperanno sempre un posto d'onore nella mia videoteca.
Quelli che il Re Ratto non tradirà mai.

Luciano Salce, Il secondo, tragico Fantozzi (1976)
John Landis, Animal House (1978)
Ridley Scott, Alien (1979)
George Lucas, Star Wars episodio 5. L'impero colpisce ancora (1980)
Steven Spielberg, I predatori dell'arca perduta (1981)
Wes Craven, A Nightmare on Elm Street (1984)
Ivan Reitman, Ghostbusters (1984)
Joe Dante, Gremlins (1984)
Richard Donner, I Goonies (1985)
Robert Zemekis, Ritorno al futuro (1985)

Scelte troppo banali? Che vi devo dire... I know I'm a child of the 80's!

martedì 7 settembre 2010

Stephen King, Una splendida festa di morte: la rat-censione


Per Jack Torrance il posto di custode invernale dell'Overlook Hotel è un'occasione unica per lasciarsi alle spalle un passato burrascoso: ex alcolizzato, ex insegnante, Jack ha perso il lavoro e la fiducia di sua moglie Wendy a causa dei violenti scatti d'ira che l'hanno portato, tra le altre cose, a ingaggiare una rissa con un suo (ex) studente e a picchiare il figlio Danny, al quale ruppe un braccio durante una lite familiare.
Nonostante la posizione isolata e il clima molto rigido della regione non rendano l'albergo il luogo ideale di villeggiatura, i Torrance si trasferiscono quindi per tutta la stagione invernale all'Overlook, hotel dal passato tanto illustre quanto tragico. Un passato che non tarda a riaffiorare tra i corridoi e le stanze dell'albergo e a farsi strada nella mente del piccolo Danny, dotato di potenti capacità precognitive, e in quella di Jack, il cui precario equilibrio psichico viene messo alla prova da forze che non sarà in grado di arginare.
La situazione, come è facile intuire, è destinata a precipitare, e le terribili presenze che abitano l'Overlook trascineranno la famiglia Torrance in un vortice di violenza, sangue e follia.

Shining (il titolo della mia edizione è troppo lungo per essere scritto due volte nello stesso post) è un buon romanzo, molto efficace nel rappresentare un'escalation di terrore psicologico di grande impatto emotivo, ma non certo esente da difetti, ascrivibili in gran parte a un ritmo troppo blando nelle battute iniziali e centrali e a un certo schematismo di fondo rintracciabile in alcune situazioni narrative.

Se da un lato appare già evidente il talento dell'autore (qui alla sua terza prova dopo Carrie e Salem's Lot) nel tratteggiare le figure infantili, che assumeranno importanza sempre più centrale nei futuri romanzi, e nella gestione delle situazioni più classicamente “horror”, due tra le migliori frecce all'arco dello scrittore del Maine, è altresì vero che tale abilità non sempre si riflette, per esempio, nella caratterizzazione di altri personaggi, che spesso soffrono di una certa bidimensionalità di fondo, o nel bilanciamento dei tempi della narrazione, che a volte tendono a dilatarsi inutilmente.

Accade così che, nel tentativo di dare profondità alla figura di Jack, l'autore si dilunghi in una certa giustificazione e banalizzazione del suo background e del suo conflitto interiore. L'effetto è contrario a quello voluto: rispettando per filo e per segno il cliché dell'ex ubriacone violento e poi (non del tutto) redento, il Jack delle prime duecento pagine sa un po' di macchietta, e tra le righe è possibile scorgere le tracce di un copione che il lettore ha ben chiaro fin dalle prime pagine. Le insistite e ripetute spiegazioni del perché e del percome, del dove e del quando, alla lunga stancano.

Quello dell'eccessiva necessità di dire, di spiegare (show, don't tell!), è un problema che King si trascinerà dietro negli anni a venire: nonostante la sua scrittura abbia ormai raggiunto completa maturazione, anche nei suoi romanzi più ispirati e meglio scritti (non sempre coincidenti) ci si imbatte qua e là in descrizioni, dialoghi e situazioni che sanno un po' di preconfezionato, di scontato. Un retrogusto in un certo qual modo consolatorio che mal si adatta al talento di uno scrittore dotato di una fantasia e di una capacità affabulatoria fuori dal comune. King è un fiume in piena: spetterebbe a un buon editor il compito di arginarne l'impeto creativo e di indirizzarlo verso situazioni più nelle sue corde.

Confesso di essermi annoiato a leggere la prima metà del romanzo: se su 427 pagine più di 200 sono dedicate all'antefatto, alla spiegazione, a tratti al superfluo, i conti non tornano. Per fare un esempio concreto, la parte dedicata alla “crisi creativa” di Jack, che non riesce a portare a termine la stesura di una commedia iniziata anni prima, sarebbe ampiamente sforbiciabile, così come risulta in fin dei conti trascurabile nell'economia del romanzo l'intenzione di Jack di divulgare i torbidi segreti dell'Overlook e degli scomodi clienti che vi hanno alloggiato nel corso degli anni.

E' chiaro che il vero protagonista del romanzo è l'Overlook stesso, la sua presenza, gli inconfessabili segreti che cela e il terribile potere che esercita su coloro che ne subiscono l'influenza: in fin dei conti, ciò che accade fuori dalle mura dell'Hotel assume importanza secondaria.

Sono comunque difetti minori, che non inficiano più di tanto la qualità complessiva e la godibilità di un romanzo che presenta anche molti punti di forza. Punti di forza che si concentrano nella seconda parte, dove King, perfettamente a suo agio nell'accompagnare per mano Jack nella sua discesa verso la follia omicida e il piccolo Danny nel suo personale incubo visionario, molla finalmente il freno a mano e apre le diaboliche danze del terrore. E' qui che la figura di Jack si scrolla di dosso gli abiti del cliché per vestire, complice la successiva, straordinaria interpretazione di Jack Nicholson, quelli di uno dei personaggi più azzeccati mai usciti dalla penna dello scrittore. Indimenticabile il dialogo con il fantasma dell'ex custode omicida, l'implacabile furia mentre, ormai del tutto succube del potere dell'albergo, insegue la moglie Wendy (Troia [...] Lo so cosa sei: una puttana [...] Ora. Ora, perdio, credo proprio che adesso prenderai la purga!), la voce stridula che risuona per i vuoti corridoi dell'Overlook (Danny! Vieni qui, cucciolo. Vieni qui a prendere la purga da bravo ometto!) mentre dà la caccia al figlio.

Ma non sono le uniche situazioni che rivelano tutta l'abilità di King nel trasferire su carta il terrore puro, quello generato dalle nostre paure più profonde e irrazionali, quello che congela i movimenti e strozza l'urlo in fondo alla gola. Emblematica in tal senso la scena in cui Danny, bighellonando per il campo giochi innevato, si infila in un lungo tunnel per poi ritrovarsi rinchiuso al suo interno, la neve che, improvvisamente franata, ne blocca le due uscite, il disperato tentativo di liberarsi scavando all'impazzata, mentre il panico annebbia la vista e un orribile rumore strisciante si avvicina sempre più dal fondo del tunnel...
Insomma, Shining convince solo in parte, ma dove convince lo fa molto bene. E c'è un'altra cosa che fa molto bene, quella di anticipare un altro, futuro fardello che King si trascinerà dietro per gran parte della sua fortunata carriera: la scarsa predisposizione per i finali.

martedì 31 agosto 2010

David Small, Stitches: la rat-censione


La mamma: la sua tossettina... Ogni tanto un singhiozzo sommesso, dietro una porta... o gli armadietti di cucina sbattuti. Ecco il suo linguaggio.
Papà: tornato dal lavoro, prendeva a pugni un punching ball nel seminterrato. Ecco il suo linguaggio.
Mio fratello Ted: lui picchiava sul tamburo.
E anch'io avevo imparato come esprimermi senza bisogno di parole. Mi ammalavo. Ecco il mio linguaggio.

I problemi all'apparato respiratorio costringono David a sottoporsi a un'infinita serie di cure mediche, sotto lo sguardo inflessibile di un padre che sembra trattarlo più come una cavia da laboratorio che come il proprio figlio.
La situazione non migliora tra le pareti di casa, quelle che dovrebbero offrire al piccolo David un rifugio sicuro: la madre è infatti una donna rigida e rancorosa che sfoga sul figlio di sei anni tutte le sue frustrazioni, e il rapporto col fratello è pressoché inesistente.
In un luogo in cui la comunicazione è ridotta ai minimi termini, a sfoghi di rabbia repressa e a interminabili silenzi, la malattia diviene dunque l'unico mezzo col quale David esprime tutto il suo disagio.

Col passare degli anni le condizioni fisiche di David peggiorano: al ragazzo ora undicenne viene trovata un'escrescenza sospetta sul collo, curata con colpevole ritardo. In seguito a un'operazione apparentemente di routine David si ritrova con un'evidentissima cicatrice in più e gran parte delle corde vocali in meno. Quel doloroso silenzio nel quale David è stato costretto a vivere per undici anni sarà ora beffardamente parte di lui, per sempre. L'unica forma di comunicazione che gli rimane è quella nella quale si è rifugiato nel corso degli anni per sfuggire a una realtà sempre più ostile e impossibile da decifrare: il disegno sarà la sua voce.

Una delle (pochissime) critiche rivolte a Stitches riguarda una rappresentazione eccessivamente manichea dei rapporti umani. Critica che, a mio parere, è priva di fondamento per un semplice motivo: è così che un bambino vede il mondo. Le sfumature non fanno parte del suo bagaglio culturale e intellettuale. Ci sono i buoni e i cattivi, l'uomo bianco e l'uomo nero.

Per David, bambino di 6 anni tormentato dalle cure mediche del padre e dalle crudeli disattenzioni rivoltegli dalla madre, i suoi genitori sono uomini cattivi. Ed è così che l'autore li dipinge. Gli spessi occhiali a schermarne lo sguardo, impenetrabile barriera che li separa da un bambino terribilmente bisognoso di attenzioni, le ombre lunghe e minacciose, i lineamenti deformati. Noi li vediamo attraverso gli occhi di David, così come, attraverso il suo sguardo sincero e impaurito, osserviamo un mondo popolato da forme e figure delineate da luci e ombre più che dai loro stessi contorni e che tendono di conseguenza a fondersi, mescolarsi, riconfigurarsi.

Il tratto violentemente espressionista dell'autore trasferisce su carta un groviglio di sentimenti sempre in bilico tra stupore e orrore, regalandoci sequenze dal raro impatto emotivo, di fronte alle quali è impossibile rimanere indifferenti: così, mentre scrivo queste righe, sfoglio le pagine di questo piccolo capolavoro e mi lascio nuovamente conquistare dalle sue tavole, dalle parole scelte e dosate con cura, dai lunghi e dolorosi silenzi.

venerdì 27 agosto 2010

Segnalazioni digitali

Buone notizie per i lettori di David Peace: a partire da settembre lo store di Bookrepublic si arricchirà infatti dei primi due capitoli della Tokyo Trilogy.
Se per Tokyo anno Zero (di cui parlai brevemente qui) si tratta della digitalizzazione di un'opera già edita qualche tempo fa, Tokyo città occupata, secondo e inedito capitolo della trilogia, uscirà contemporaneamente in digitale e cartaceo.

Inoltre, per chi fosse interessato, segnalo che David Peace incontrerà i lettori sabato 11 settembre al Bar Venezia di Mantova a partire dalle ore 20, all'interno della rassegna annuale di Festivaletteratura.


Aggiornamento
Segnalo che da oggi, 6 settembre, Tokyo città occupata è disponibile in formato ebook sullo store di Bookrepublic, al prezzo di € 9,90: questo il link per l'acquisto.

Best action scene ever

È raro, ma a volte accade.
L'idea di un regista visionario.
Un genio in grado di tradurla in realtà.
Una coincidenza astrale.
Il risultato è la miglior scena d'azione della storia del cinema.
Prendetene e godetene tutti: se riuscite a guardarla dall'inizio alla fine senza ridere nemmeno una volta, allora siete pecore elettriche.
Buona visione.



venerdì 20 agosto 2010

Alice In Chains - Check My Brain

Questo me l'ero proprio perso per strada: il video ufficiale di Check My Brain, pezzo tratto da Black Gives Way to Blue (2009).
Hard rock vecchio stile come non se ne sentiva da tempo.
Alice Rulez!


venerdì 6 agosto 2010

Di nuovo nella Tana

Ed eccomi di ritorno dalla prima tranche vacanziera, trascorsa tra le verdi valli altoatesine a sgranocchiare schüttelbrot e speck e inzuppare i baffi nella schiuma di birra.
4 i film che ho avuto modo di vedere in queste gelide serate montanare: in ordine cronologico, Invictus, L'uomo che fissa le capre, Shutter Island e The Village (in questo caso trattasi di ri-visione).
Se il film di Shyamalan è come il buon vino (non lo ricordavo così interessante), sono rimasto un po' deluso da tutti e tre i blasonati blockbusteroni dello scorso anno.

Divertente il film di Heslov, anche se la sceneggiatura di Straughan non è all'altezza di un cast (anch'esso comunque sottotono) al quale sta fin troppo stretta; tutto sommato banaluccia l'ultima fatica di Eastwood, che ci aveva abituati a ben altri risultati; ma il film che mi ha più deluso è senza dubbio quello di Scorsese: scoperto l'inghippo dopo nemmeno mezzora, tutto scorre verso un prevedibile e scontato epilogo. Capita anche ai migliori.

Ho inoltre terminato la lettura di The Conqueror Worms di Brian Keene (qui la recensione di Simone Corà sulle pagine di Midian), che consiglio a tutti senza riserva alcuna: se avrò voglia e tempo, scriverò una rat-censione prima di ripartire per la mia seconda settimana di ferie. Prima tappa Zurigo, il resto verrà da sé.

Mi scuso con voi rattacci per la prolungata latitanza: tornerò ad aggiornare il blog con cadenza più regolare solo dopo Ferragosto.
Buone vacanze a tutti!


martedì 20 luglio 2010

Orrori quotidiani

Sono reduce dalla scellerata visione di quello che si candida alla palma di peggior film da me visto quest'anno: This is Darkness (Pora Mroku), produzione polacca del 2008, è un fallimento epocale, sotto ogni punto di vista.
Non so se avrò mai voglia di dedicargli più di queste 4 righe: evitatelo come la peste bubbonica, risparmierete 2 ore di vita.

Ben più interessante sembra invece Somos lo que hay, produzione messicana di quest'anno (We Are What We Are in inglese): rimasto orfano del padre, il giovane Alfredo si ritrova improvvisamente costretto a vestire i panni del capofamiglia, sulle cui spalle grava il sostentamento dei congiunti. Sostentamento più difficoltoso di quanto si possa pensare, dato che Alfredo e i suoi famigliari si nutrono esclusivamente di carne umana.

La particolarità della pellicola di Jorge Michael Grau risiede nell'approccio alla materia trattata: presa distanza dalle derive gore-splatter tipiche del genere, la lente del regista mette a fuoco la lotta per la sopravvivenza di una famiglia ripresa nella sua disperata quotidianità.
Di seguito il trailer: non sono riuscito a trovare una data d'uscita nelle sale americane, in ogni caso la Tana del Ratto terrà il film sotto stretta osservazione, anzi, sotto doppio controllo segreto (un brandello di carne umana gratis a chi becca la citazione).
Enjoy.

venerdì 16 luglio 2010

Ok, il prezzo è giusto?

Credo che la questione del prezzo di vendita sia centrale nella riflessione sull’ebook e sul suo rapporto con l’editoria cartacea. Sull’argomento ho le mie idee e convinzioni, che ho già espresso a più riprese su queste pagine.
Come sappiamo, da ieri sera lo store di Bookrepublic è online (anche se in versione poco più che “alfa”): è dunque possibile iniziare a farsi un’idea sulle politiche di prezzo applicate dagli editori italiani ai loro prodotti.
Avevo già esaminato 5-6 casi nei commenti al topic precedente ma, data l’importanza dell’argomento, credo sia più opportuno aprirne uno a parte.
Ho selezionato dunque 7 editori (perché 7? E perché no?) e, per ognuno di essi, 3 titoli (dove possibile) presenti nello store di Bookrepublic, confrontandone il prezzo con quello della rispettiva controparte cartacea.
Ecco cosa ne è emerso.


IL SAGGIATORE
  • Jonathan Lethem, Chronic City
    Cartaceo: € 17
    ebook: € 9,90
    -42% circa
  • Nassim N. Taleb, Il cigno nero
    Hardcover: € 18
    Tascabile: € 10
    ebook: € 10,90
    L’ebook costa circa il 40% in meno rispetto all’edizione hardcover, ma quasi il 10% in più rispetto al tascabile!
    Mi sembra ovvio che il confronto debba avvenire con l’edizione cartacea più economica in commercio: in questo caso, insomma, il libro stampato costa meno della sua controparte digitale!
  • Enrico Deaglio, Patria 1978-2008
    Cartaceo: € 22
    ebook: € 11,90
    -45% circa
Conclusione
Gli ebook del Saggiatore costano circa il 40% in meno delle rispettive edizioni cartacee. Rimane però il tragico caso del libro di Taleb: perché lo “sconto” viene calcolato sull’hardcover e non sul tascabile?


IPERBOREA
  • Jonathan Harstad, Che ne è stato di te Buzz Aldrin?
    Cartaceo: € 16,50
    ebook: € 9,90
    -40% circa
  • Per O. Enquist, Il libro di Blanche e Marie
    Cartaceo: € 15
    ebook: € 8,90
    -40% circa
Conclusione
Con Iperborea (che al momento ha solo due titoli in catalogo) il risparmio per il lettore si aggira intorno al 40%.


VERDENERO/EDIZIONI AMBIENTE
  • Stefania Divertito, Amianto. Storia di un serial killer
    Cartaceo: € 14
    ebook: € 11,50 € 9,90
    -18% circa -30% circa
  • Sabina Morandi, Il pozzo dei desideri
    Cartaceo: € 16
    ebook: € 13,50
    -16% circa
  • Francesco Falcioni, L’angelo della morte. Gothica
    Cartaceo: € 16
    ebook: € 13,50
    -16% circa
Conclusione
Qui si sfiora il ridicolo: invece di sfruttare la ghiottissima occasione offerta dall’ebook per accrescere visibilità e bacino d’utenza, Verdenero si tira la zappa sui piedi da sola applicando ai suoi libri digitali una riduzione di prezzo che non arriva nemmeno al 20% del prezzo di copertina del cartaceo!
Complimenti a dunque a Verdenero, che si guadagna la palma di peggior editore digitale (fin qui) dell’anno.


AGGIORNAMENTO: abo mi segnala che i prezzi degli ebook di Verdenero sono improvvisamente precipitati, assestandosi su due posizioni: €8,90 e €9,90. Ancora un po' alti, ma è comunque un buon passo avanti.

MINIMUM FAX
  • Bruno Ballardini, Gesù lava più bianco. Ovvero come la chiesa inventò il marketing
    Cartaceo: € 10
    ebook: € 4,90
    -51% circa
  • Paolo Cognetti, Manuale per ragazze di successo
    Cartaceo: € 9,50
    ebook: € 5,90
    -38% circa
  • Fabio Stassi, Holden, Lolita, Zivago e gli altri. Piccola enciclopedia dei personaggi letterari (1946-1999)
    Cartaceo: € 12,50
    ebook: € 4,90
    -61% circa
Conclusione
Con Minimum Fax la situazione è più variegata. A quanto pare, non esiste una formula fissa per calcolare il prezzo dell’ebook in rapporto a quello del libro cartaceo: la proporzione varia da titolo a titolo.
Nei casi considerati (gli unici tre libri editi da Minimum Fax presenti su Bookrepublic) il risparmio per il lettore oscilla tra un discutibile 38% e un buon 61%. Una bella differenza insomma.


IL MAESTRALE
  • Salvatore Niffoi, L'ultimo inverno
    Cartaceo: € 10
    ebook: € 5
    -50%
  • Maria Giacobbe, Chiamalo pure amore
    Cartaceo: € 15
    ebook: € 7
    -54% circa
  • Marcello Fois, Nulla
    Cartaceo: € 14
    ebook: € 6
    -57% circa
Conclusione
Gli ebook del Maestrale costano circa la metà delle rispettive edizioni cartacee, con un risparmio per il lettore che va dal 50 al 60%.
Un plauso alla scelta di abolire i ridicoli arrotondamenti al decimo di euro o, peggio ancora, al centesimo, sul prezzo finale, optando per il quello intero: finalmente un'azienda che non considera il consumatore un povero idiota.


VOLAND
  • Amelie Nothomb, Acido solforico
    Cartaceo: € 13
    ebook: € 6,50
    -50%
  • Amelie Nothomb, Cosmetica del nemico
    Cartaceo: € 11
    ebook: € 5,90
    -46% circa
  • Amelie Nothomb, Né di Eva né di Adamo
    Cartaceo: € 13
    ebook: € 6,50
    -50%
Conclusione
Sui libri della Nothomb (unica autrice della scuderia Voland presente in Bookrepublic) la casa editrice applica una riduzione di prezzo quasi fissa: -50%.


NOTTETEMPO
  • Milena Agus, La contessa di ricotta
    Cartaceo: € 13.5
    ebook: € 8
    -40% circa
  • Tongzhi, Fortunato (a cura di), Beijing story
    Cartaceo € 16
    ebook: € 8.5
    -47% circa
  • Francesco Cantaluccio, Che fine faranno i libri?
    Cartaceo: € 6
    ebook: € 3
    -50%
Conclusione
Anche Nottetempo galleggia intorno alla boa del 50% ma, nel caso della Agus, decide di succhiare al lettore circa dieci gocce di sangue in più.
Vale inoltre il discorso già fatto per Il Maestrale riguardo al prezzo intero, o quasi: il Re Ratto vi ringrazia.